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Su Psicoanalisi personale e Supervisione

1) La psicoanalisi come metodo. Ascolto analitico e psicoanalisi come pratica


La psicoanalisi come metodo, può essere definita  innanzi tutto un particolare tipo di ascolto.
L'analisi si svolge attraverso un incontro fra un analista e una persona, un cliente, o analizzante, che chiede di essere ascoltata.
Esistono  nella società contemporanea diverse forme di ascolto asimmetrico, in cui una persona si rivolge ad un altra con l'intento di ricevere un ascolto specifico. Si tratta di situazioni abbastanza tipiche,  in cui uno dei due (chi prende l'iniziativa di rivolgersi all'altro) chiede di essere ascoltato, e l'altro si mette nella posizione di ascoltare, occupando varie posizioni che sono socialmente classificabili a vari livelli.

Esiste l'ascolto del sacerdote, l'ascolto del medico, l'ascolto dello psicoterapeuta, l'ascolto dello "sportellista", presente oggi in varie realtà, che possono andare dallo sportello fiscale a quello per la procreazione responsabile, dallo sportello di un negozio di telefonia, che ci aiuta a scegliere il piano tariffario e l'offerta migliore per le nostre esigenze,  a quello per gli immigrati, i gay,   i rifugiati politici, i padri separati, le donne maltrattate,  ecc..

In ognuno di questi "incontri", che sono diversissimi gli uni dagli altri, possiamo individuare alcune strutture di fondo che li rendono confrontabili. Si tratta di incontri "asimmetrici", in cui uno dei due soggetti chiede di essere ascoltato mentre l'altro soggetto è tenuto ad ascoltare -  gratuitamente a volte - anche se  spesso dietro a questo tipo di ascolto c'è un progetto che riguarda   anche un investimento economico (di associazioni o di Enti, o dello Stato stesso, nel caso dell'ascolto medico sanitario) . Non sempre l'ascolto viene erogato dietro un pagamento diretto, ma ogni operatore di sportello, ogni medico, ogni psicoterapeuta, ogni sacerdote, fa capo ad una istituzione che da valore a quel tipo di ascolto, che è un valore elevato, in senso etico spesso, e che, seppure a volte in modo indiretto e mediato, muove comunque anche interessi di tipo materiale.

In tutte queste situazioni, dunque, esiste una asimmetria: c'è un soggetto che domanda ascolto, e un soggetto che offre il proprio orecchio;  dietro a questa asimmetria c'è per lo più uno scambio economico (diretto o indiretto) a fronte di una supposizione di sapere.

Cosa significa?
Significa che il soggetto che chiede ascolto si rivolge al medico, allo psicoterapeuta, all'operatore di sportello, ecc., perché suppone che la persona che eroga l'ascolto abbia un sapere, e possa applicare quel suo sapere al malessere, alla domanda di cui il soggetto è portatore, per aiutarlo a risolverlo.

In ognuna di queste situazioni, tuttavia, lo scambio fra chi ascolta e chi è ascoltato non si riduce a questa circolazione di saperi.
L'ascolto, non è solo e soltanto un  bene economico, una merce, riducibile a questo scambio basato sull’applicazione di un sapere ad una domanda, e pertanto l’ascolto è un bene che  non è mai scambiabile integralmente.
In questo assioma risiede dunque il primo elemento fondamentale che distingue la domanda analitica, e dunque l'ascolto analitico, dalle altre forme di ascolto.

Mentre tutti gli altri saperi tendono a ridurre la differenza, lo iato, fra l'ascolto indifferenziato, la ricerca di senso, e la possibilità di rispondere a domande specifiche, orientando il soggetto verso gli interlocutori adeguati, l'ascolto analitico si forma seguendo la logica opposta,  rovesciata.
La domanda analitica si radica e si struttura man mano che il soggetto comprende e accetta di non avere una domanda specifica, accetta precisamente di offrire il proprio racconto ad un ascolto che permetta al discorso di dipanarsi, di svolgersi, e con ciò stesso di organizzarsi a partire da vertici e attrattori differenti.
La funzione che permette  al racconto di riorganizzarsi, è per l'appunto la funzione propria dell'ascolto analitico.

Da questo discende che ognuno degli ascolti precedentemente descritti, può fare da preliminare all'incontro analitico propriamente detto. Un medico che sia anche psicoanalista, uno psicoterapeuta che sia anche psicoanalista, un operatore di comunità che sia anche psicoanalista, ecc.;  ognuno di questi soggetti, nel momento in cui è formato al particolare tipo di ascolto che è proprio dell'analista, può operare la trasformazione di una domanda in domanda analitica.  La domanda inizialmente può essere una domanda mista da parte del soggetto che magari si rivolge al medico di base, o all'operatore, per problematiche specifiche e concrete, e può essere trasformata in  una domanda d'analisi.
La domanda d’analisi dunque è  effetto di una trasformazione.

Questa trasformazione non va da sé e non è affatto detto che sia possibile operarla. Tutte le domande contengono sempre un "surplus" che è la dimensione inconscia, propria del soggetto parlante, e cioè una dimensione che è richiesta di senso, una interrogazione del posto che si occupa rispetto all'interlocutore, e in generale, nel suo parlare rivolgendosi ad un altro, il soggetto indica  il punto in cui  è nella sua vita, in rapporto al proprio desiderio.
Tuttavia questo non significa che questo "surplus", questo plusvalore - che pure è sempre presente-  sia in gioco per il soggetto che domanda, ovvero non è detto  che egli voglia o possa farsene carico.
L'etica professionale e l'esperienza del medico-analista, dello psicoterapeuta-analista, dell'operatore-analista, ecc., dovranno sempre illuminare l'agire professionale, e rendere conto del percorso avviato, sia che la domanda d'analisi si sia prodotta, sia che possa prodursi eventualmente in futuro, sia che invece  possa non  prodursi.

L'analista-operatore, a vario titolo presente dunque nel sociale, gioca una partita molto importante con l'etica, che si esplica in una presenza attenta nella società in cui vive e lavora, a vario titolo, nei diversi e molteplici  luoghi in cui egli offre la sua pratica.
Le pratiche professionali a partire dalle quali oggi, a vario titolo, è possibile intercettare il malessere e la domanda dei soggetti, sono luoghi in cui si esplica uno dei compiti della psicoanalisi, quello politico: non esiste infatti prevenzione in senso stretto, per la psicoanalisi, dal momento che  nell'inconscio non esiste la negazione, e dunque non è possibile una prevenzione al malessere intesa come generalmente la si intende, fosse anche la prevenzione al  semplice malessere legato alla salute e alla qualità della vita. Non drogarsi, non mangiare troppo, non fumare, non correre in auto, sono tutti imperativi che contengono inevitabilmente il loro rovescio, e cioè l'imperativo a trasgredire. Ogni buon pubblicitario sa che i messaggi di divieto o le campagne antidroga, contengono nel loro "rovescio" imperativi al consumo e alla trasgressione i cui effetti paradossali  sono difficili da calcolare.
Tuttavia la psicoanalisi come ascolto particolare, che affianchi all'ascolto professionale la capacità di intercettare questa particolare domanda"intransitiva", questa domanda di senso, che viene dall'inconscio, permette di mettere in campo un particolare tipo di prevenzione che è precisamente il non sottrarsi all'impegno politico, alla dimensione della pratica politica, intesa come presenza nella società civile. La politica, l'arte di governare, l'arte di stare nel legame associativo e civile, è una delle forme in cui si esplica la psicoanalisi;  lo strumento con cui lo psicoanalista partecipa alla politica è lo strumento del preliminare.

Il preliminare che ogni operatore può svolgere, a partire dal suo specifico punto di osservazione, mettendo i soggetti che a lui si rivolgono in condizioni di orientarsi responsabilmente nella rete delle "risposte" ai loro bisogni e contemporaneamente a tenere aperto l'orizzonte di senso proprio a ciascuna domanda, orizzonte ddi senso irriducibile e non oggettivabile in risposte standardizzate, è di per sé una delle risposte potenti che la psicoanalisi come metodo, come tipo di ascolto particolare presente nel sociale, è chiamata a dare.
Contemporaneamente, la psicoanalisi in estensione,  è il contributo che gli operatori formati all'ascolto psicoanalitico possono dare alla società civile attraverso la loro presenza professionale e costituisce il presupposto ineliminabile, il punto di partenza e contemporaneamente il punto di arrivo della pratica analitica come impegno politico, cioè  ciò  che permette di rendere visibile il potere trasformativo  del discorso psicoanalitico all'interno della società civile.
Per questo motivo, il discorso psicoanalitico, che si fonda sul particolare tipo di ascolto che include la logica dell'inconscio, non può che essere trasversalmente radicato nel sociale. Esso deve nutrirsi di discipline varie e di linguaggi differenti, che intersecano i diversi tipi di legame propri dell'umano, che sono il legame sociale, il legame amoroso, il legame educativo. Educare, psicoanalizzare, governare, sono i campi entro cui si esplica il teatro dello scambio inter-umano. E' all'interno di questi campi che si gioca la domanda di ascolto, cioè  il campo di ciò che è  negoziabile, in relazione a  ciò che resta invece fuori da ogni orizzonte di negoziabilità e di scambio.

L'analista, ovvero l'operatore, il soggetto che si sia formato all'ascolto analitico,  che si mette in ascolto, dunque, lo può fare in qualsiasi contesto e tendenzialmente a partire da qualsiasi "setting", purché vi sia una domanda "asimmetrica" e purché l'interlocutore gli supponga un determinato sapere.

Nessuno, anche se formato al sapere analitico, può operare a partire da un ascolto analitico in un bar con un amico, o con il proprio figlio o la propria moglie, ovvero in autobus, quando ascolta casualmente le chiacchiere degli avventori.
E' possibile che in ognuna di queste situazioni l'analista possa essere portato a fare associazioni, a riflettere sugli scambi uditi o effettuati, e che questo possa essere per lui materiale utile utilizzabile in altri contesti, anche professionali, o analitici.
Tuttavia non sono queste le situazioni in cui egli potrà fare un uso diretto del sapere inconscio, della sua particolare familiarità con il metodo proprio delle libere associazioni, che tuttavia costituisce una modalità di approccio alla realtà e all'esistenza che caratterizza in modo tipico e permanente l'analista.
A rigore, dunque, non esiste un unico setting, un setting definito per l'analista, dal momento che effetti analitici possono prodursi in contesti differenti, e tipicamente possono prodursi ogni volta che può essere messa in campo la particolare funzione dell'ascolto analitico, e cioè ogni volta che alla supposizione di sapere del soggetto che domanda, in una posizione asimmetrica, l'analista potrà rispondere con una sospensione di questo sapere, e con la messa in moto del meccanismo dell'ascolto analitico, quell'ascolto cioè che valorizza la domanda inconscia, che non è una domanda che chiede una risposta, in termini di sapere o di operatività, ma è una domanda "di essere", è una domanda d'amore, è una domanda che si apre alla possibilità da parte del soggetto, di ricollocarsi rispetto alla propria storia.

2) La psicanalisi è un ascolto che ha a che fare con l'inconscio.

Dunque possiamo adesso aggiungere l'elemento cruciale, l'elemento differenziale che distingue ogni tipo di ascolto dall'ascolto propriamente analitico, e questo differenziale è la parola "inconscio".

Cos'è l'inconscio?
Sono stati scritti fiumi di parole per definire l'inconscio, ma per il momento -  e ai fini del discorso che qui  interessa, e cioè per andare a definire il metodo psicoanalitico -  definiamo l'inconscio quello scarto, quella differenza, in ogni atto linguistico (cioè in ogni frase, in ogni preposizione che rivolgiamo a qualcuno nel tentativo di indirizzare una richiesta di aiuto, di supporto, di comprensione, ecc. ) fra ciò che abbiamo effettivamente detto, e ciò che avremmo voluto dire.

Dunque l'inconscio, in questa definizione, indica uno scarto, una deriva di senso, che può essere anche estremamente ampia, e spesso lo è. In ogni caso è uno scarto che c'è sempre, è sempre presente in ogni atto linguistico, ma che si mostra in modo evidentissimo proprio nelle situazioni asimmetriche, in cui c'è un soggetto che domanda e un soggetto che deve ascoltare e rispondere.

L'ascolto analitico è rivolto innanzi tutto, e prioritariamente, a questo scarto. Mentre l'ascolto professionale o mirato all'intervento efficace porta a ridurre questo scarto, a portare il soggetto a diventare efficace nella propria richiesta, e lo aiuta ad orientarsi verso gli interlocutori o i servizi giusti, per risolvere il problema presentato, l'ascolto analitico per lo più valorizza questo scarto, presenta al soggetto lo iato, l'equivoco che può essere ingenerato e lo restituisce come tale.
Questa operazione non è incompatibile, necessariamente, con l'operazione di "empowerment"  che ogni operatore può svolgere. Generalmente, è questione di momenti, di scansioni.
In un certo senso, anzi, un buon orientamento al servizio, una buona disposizione all’’utente, un porsi in modo proattivo per aiutarlo a spiegarsi meglio, a mettere meglio a fuoco i suoi bisogni,  può anche fare da presupposto all'apertura di una dimensione analitica e intransitiva del discorso, ma  può anche essere vero il contrario. In ogni caso, l’analista permetterà al soggetto di rendersi consapevole di questo scarto, lo metterà in condizioni di allenarsi a questa ambiguità presente nel suo stesso dire, lo renderà sensibile alla dimensione paradossale, contraddittoria, equivoca, che è presente nel suo discorso. Lo farà non in modo da far sentire il soggetto “braccato”, o preso in trappola. L’analista farà lo”slalom”fra le contraddizioni del soggetto, non per “coglierlo in castagna”, come farebbe un buon poliziotto o un avvocato in un contro-interrogatorio, bensì con l’obiettivo di sorprendere il soggetto, con l’obiettivo di metterlo in condizioni di riconoscere ed assumere, appropriarsi, di questo discorso “altro”, almeno nei termini di un allenamento all’ascolto del suo proprio inconscio, e della dimensione inconscia che alberga nel dialogo. L’esperienza che l’analista promuove è un’esperienza di apertura e di liberazione.

In ogni caso, l'ascolto che include l'inconscio, cioè l'ascolto che tiene presente e valorizza lo scarto fra ciò che è detto e ciò che si voleva dire, fra ciò che si è inteso e ciò che si poteva intendere, è ciò che differenzia l'ascolto analitico.
Nella fase preliminare di una consultazione, specialmente quando l'analista risponde a partire da ruoli sociali definiti e differenti, quando cioè non viene interpellato come analista (ma per esempio come psicoterapeuta, come operatore, come educatore o insegnante, ecc., come mediatore, ecc.), la messa in campo della funzione analitica va iscritta nel sociale e dovrebbe prodursi come effetto soggettivo.

Laddove l'analista è invece interpellato in quanto tale, e cioè laddove lo psicoanalista si dichiari tale e si metta in condizioni di intercettare domande dirette di analisi, questa operazione preliminare, che potremmo chiamare di "estrazione" della domanda d'analisi,   non perde la sua importanza.

3) L’analisi è una cura?
Chi si rivolge ad uno psicoanalista (come chi, con buone probabilità , ha selezionato questo sito e legge queste pagine) generalmente ha un'idea dell'inconscio, sa che l'analista ascolta un determinato discorso e lo riconduce ad altro, sa che l'analista è "una specie di medico", è qualcuno che a partire dal discorso, dalle parole, magari anche dall'analisi dei sogni, può curare il disagio, il malessere anche fisico, può aiutare a risolvere problemi di vita, che possono andare dall'insonnia all'alopecia, dal dolore per una separazione alla difficoltà nei rapporti sessuali.
Infatti oggi, almeno in Italia, l'ascolto analitico come professione, sganciata dalle professioni medico-sanitarie, sta sparendo. La legge "Ossicini" del 1989, se anche voleva riservare uno spazio alla psicoanalisi e alla pratica psicanalitica che non si sovrapponesse alle pratiche mediche o psicologiche, oggi in realtà sta sparendo.
Al di là di queste derive - che pure hanno la loro importanza e che dicono molto della difficoltà della psicoanalisi come tipo di ascolto e messa in logica dello "scarto" (cioè dell'inconscio) , di mantenere un posto nella società contemporanea - è senz'altro vero che l'ascolto psicoanalitico si situa nello spazio logico che è quello della "cura".
Lo psicoanalista che offre il proprio ascolto in modo diretto, nel proprio studio professionale, e che si forma in modo permanente attraverso il legame sociale e professionale delle associazioni cui appartiene, e di cui promuove l’evoluzione, la vitalità, la presenza nel sociale,   si occupa nella sua pratica privata precisamente di curare, di prendersi cura di un malessere lamentato dai soggetti, di un disagio riconosciuto come tale e considerato come meritevole di un qualche "trattamento".

Si tratta però di una cura che è cura del legame, come possono essere cura del legame il rapporto madre figlio, o il rapporto maestro allievo,  o anche il rapporto medico paziente in quelle fasi però, in quegli aspetti, in cui tutti questi rapporti vanno al di là ed eccedono gli specifici obiettivi di sostentamento, di insegnamento, o di terapia. Le cure materne, l'affetto per l'allievo e per il maestro, le cure del medico nei confronti del malato terminale, sconfinano in forme di cura del legame che vivono di vita propria, e non hanno a che vedere con effetti prevedibili o previsti.
In questo senso, la psicoanalisi si occupa precisamente di questi presupposti, di questi elementi di cornice, propri di ogni legame. La psicoanalisi si occupa pertanto, in una parola, di amore, del legame d'amore, del legame simbolico che pre-esiste ad ogni scambio umano, e in particolare delle sue disfunzioni ,dei suoi fallimenti, dei suoi intoppi.

4) Cosa cura la psicoanalisi e come?

Cerchiamo ora di addentrarci meglio nella descrizione di una relazione analitica in senso classico.
L’immagine che si ha generalmente dell’analista è l’immagine di una persona seduta su una poltrona, posta dietro ad un lettino, su cui è disteso il”paziente”, che alcuni chiamano “l’analizzante”. L’analizzante è posto in modo da non intercettare lo sguardo dell’analista, ed è dunque una persona distesa su un letto, che parla.
Di cosa parla? Straparla, potremmo dire. La regola analitica consiste nel dire ciò che passa per la mente, il più possibile senza censure, e dunque di dire le cose che normalmente non si direbbero.
Si vede già da queste brevissime pennellate che propongono la vulgata della pratica analitica, che il discorso che interessa la psicoanalisi è un discorso apparentemente senza obiettivo, senza destinatario. E’ precisamente il discorso che mai vorremmo fare in pubblico, il discorso che tende a mettere in valore il rumore di fondo.
Anche la postura dell’analizzante, l’essere sdraiato su un letto e parlare sottraendosi agli aspetti prossemica della conversazione, caratterizzano fortemente il tipo di ascolto specifico di questa singolare pratica discorsiva.
L’essere umano è steso su un letto, da solo, quando dorme (e a volte  sogna), ovvero quando è malato, cioè quando il suo corpo è invaso e pervaso da una sofferenza che rende impossibile o difficoltosa la stazione eretta, ovvero la condizione preliminare ad ogni atto. La posizione in cui il soggetto parlante è messo in analisi è dunque una posizione di strutturale impotenza, nella quale egli sceglie di mettersi, e dunque accetta di parlare a partire da questa impossibilità ad agire.
Il soggetto steso sul lettino sa che il suo discorso è un discorso sottratto all’operatività, è un discorso che interessa il corpo. Il corpo malato in genere non è  un corpo che parla. Parola e malattia, parola e impotenza sono considerati spesso in opposizione. La parola è associata al potere, alla possibilità all’atto, mentre la malattia è associata all’impotenza,alla necessità di sottrarsi. La stazione eretta è simbolo di potenza, l’essere distesi è simbolo di resa.
Il discorso analitico mette insieme invece parola e corpo disteso. Il discorso analitico è un discorso che riguarda il corpo; la parola che prende forma in analisi è una parola sottratta alla dimensione della comunicazione interpersonale, dal momento che chi parla non si rivolge direttamente a chi ascolta, non lo guarda negli occhi. Chi ascolta, inoltre, stabilisce il tempo della seduta, e quindi toglie la parola, oltre a punteggiare il discorso, ma non stabilisce altro al di fuori dell’orario dell’appuntamento e alla regola base, che è quella che il soggetto parla. Il soggetto parla liberamente, parla dando spazio a questa parola senza scopo apparente, e l’interlocuzione con cui l’analista punteggia questo parlare, e anche il modo in cui l’analista sospende questo discorso ad ogni seduta, non riguarda una conversazione fra due persone, L’analista apre e chiude, interpreta, punteggia, commenta, per rilanciare il discorso del soggetto.
In analisi dunque è fuori gioco lo sguardo (sguardo che ha però una sua funzione nel pre-seduta e nel post-seduta, dal momento che il preliminare, il discorso reale, vengono sempre tenuti annodati in analisi, come involucro, come presenza ineliminabile del discorso diurno), è fuori gioco il corpo eretto, è fuori gioco l’intersoggettività del dialogo.
Se non ci fosse la presenza fisica e l’intervento dell’analista, saremmo nella dimensione onirica, solitaria, propria delle fantasticherie del dormiveglia.
La presenza di un ascolto introduce la dimensione simbolica, dello scambio amoroso, ma poiché l’analista non è un partner del soggetto, la dimensione simbolica propria dell’amore, dell’eros, appare in analisi spogliata della dimensione reale, corporea, propria della sessualità o dell’aggressività.
L’analista è presente e ascolta un discorso che viene da un corpo disteso, che tipicamente è il corpo della medicina, dunque è un corpo abitato dal reale;  tuttavia  è un corpo che l’analista  non tocca. Il rapporto dell’analista con la dimensione corporea, reale, del paziente, è un altro elemento fondamentale che caratterizza la pratica analitica, distinguendola da altre pratiche di ascolto o da altre pratiche di cura. L’analista è soggetto alla regola dell’astinenza, così come il paziente o analizzante è soggetto alla regola fondamentale delle associazioni libere.
Astinenza -  precisamente – è astinenza dall’interagire direttamente con la dimensione corporea interattiva, erotica o aggressiva con il paziente.
Questa dimensione, che si presenta comunque in analisi, è appunto ciò che diviene oggetto di indagine.
Il rapporto analitico è in un certo senso la riproposizione di  un discorso senza soggetto, ovvero dove il soggetto è sospeso, si sposta, si produce attraverso l’errare del discorso e permette di toccare nodi irrisolti, conflitti, identificazioni, e di liberarsene.
Questo è possibile man mano che il soggetto impara a fidarsi, ad affidarsi a questa particolare modalità di parola. Egli si sentirà sicuro nella misura in cui avrà consapevolezza che l’analista è saldamente in grado di tenere la barra del timone, cioè è in grado di condurre la cura, rispettando la sua posizione astinente. La posizione astinente consiste nel favorire l’innamoramento dell’inconscio da parte dell’analizzante, quindi nel permettere che si strutturi il transfert, ma nel non approfittarne neanche per accelerare la cura o per raggiungere qualche risultato, o qualche obiettivo che possa essere anche pensato con le migliori intenzioni (per esempio, per aiutare il soggetto- poniamo -  ad abbandonare comportamenti lesivi per la sua salute).
Il desiderio dell’analista è precisamente il desiderio di rilanciare questo discorso libero, il discorso del soggetto. Questo discorso condurrà il soggetto stesso a tracciare il suo percorso e a individuare la sua via al suo proprio desiderio. Il desiderio dell’analista quindi non è un desiderio di cura, non è un amore filantropico  rivolto al soggetto. Questo non significa, naturalmente, che l’analista non possa essere felice del benessere raggiunto da un analizzante, o non possa affezionarsi ad un paziente, così come non significa che in momenti particolarmente critici egli non possa aprire ad altri interventi, e non possa quindi chiedere al suo analizzante di valutare la possibilità di un aiuto farmacologico, di un inserimento in ospedale, ecc.
Tuttavia il lavoro analitico in quanto tale non ha a che vedere con la ricerca del benessere, non riguarda la cura o la modifica del funzionamento sociale, ma riguarda l’accesso al desiderio inconscio dell’analizzante, riguarda la possibilità di liberarsi delle identificazioni e, in una parola, la creazione di una diversa alleanza, di un diverso annodamento fra la coscienza e l’inconscio.
Se nel corso di un’analisi qualcosa a livello del reale puro (perdita di peso incompatibile con la vita, per esempio) fa ostacolo alla prosecuzione dell’analisi, l’analista può e anzi in certi casi deve aprirsi ad un altro discorso. Che può essere il discorso medico, ma anche il discorso della legge.
L’analista sa che il dialogo asimmetrico, anche quanto ha optato per la componente intransitiva della domanda inconscia, non perde la sua dimensione di duplicità, il suo annodamento con la dimensione dialogica e dunque in ogni momento può essere necessario che l’etica analitica si dispieghi nella sua dimensione di riattivazione del “discorso della realtà”, che rappresenta la fonte e  il limite entro cui l’esperienza analitica si inscrive.  

5) Gli strumenti dell’analista: analisi personale e analisi di controllo
Gli strumenti di cui ci si serve in analisi sono dunque essenzialmente la scansione propria della seduta (quindi il modo in cui si gestisce l’inizio di una seduta, la seduta stessa e il suo termine), il trattamento del discorso del soggetto (e dei suoi silenzi), l’interpretazione, la gestione del transfert.
Tutti questi elementi, la loro combinazione e il loro utilizzo,  vengono appresi dall’analista nel corso del suo training individuale e gruppale e costituiscono dunque il suo bagaglio professionale. La formazione dell’analista – che passa principalmente attraverso l’esperienza diretta dell’analisi, e dunque l’esperienza del proprio funzionamento inconscio e il lavoro sul proprio desiderio (in particolare il desiderio di assumere la posizione analitica) – si esplica attraverso l’incontro personale con la domanda analitica,  l’esperienza diretta della trasformazione della domanda di aiuto a fronte di un malessere in una domanda intransitiva di sapere.
Oltre all’esperienza dell’analisi personale, che è il cuore della formazione di un analista, è fondamentale la pratica dell’analisi di controllo, detta anche “supervisione”.
Cos’è la pratica di controllo?
L’analista che comincia a ricevere analizzanti chiede ad un collega il “controllo della sua posizione”, cioè chiede di poter raccontare le scansioni delle cure che sta portando avanti, facendosi aiutare a tenere bassi gli effetti immaginari, cioè gli effetti di identificazione con i suoi  pazienti.
La posizione analitica, la posizione di desiderio intransitivo, che appunto non è desiderio del bene del soggetto, deve fare da contrappunto al discorso intransitivo dell’analista. Ma perché questa corrispondenza, questa struttura funzioni, l’analista deve tenere basso il proprio investimento  personale, deve riuscire a far posto al discorso del soggetto, deve permettere al discorso del soggetto di manifestarsi per quello che è. Come il sale non è un cibo in sé, non serve in quanto tale, ma in piccole quantità esalta il sapore degli alimenti, come la luce non è un oggetto in sé, ma permette di svelare la forma e la posizione degli oggetti, così l’analista deve tenere questa posizione.
Per fare questo, l’analista deve essere capace di interrogarsi su ciò che gli sfugge, in una cura, su ciò che lo stupisce e lo interroga, su ciò che gli accade e che egli non è in grado di comprendere. “So che avrei dovuto chiudere la seduta, ma è stato più forte di me”. Quando qualcosa “è più forte di me”, e tende ripetersi e a tornare sempre allo stesso posto,  lì sono vicino ad una dimensione enigmatica, inconscia, che l’analisi di controllo può aiutarmi a distinguere, a comprendere, a valutare. L’analisi di controllo permette all’analista di lavorare incessantemente la propria soggettività e di tenere quindi allenato e “pulito” il proprio contenitore, la propria cassa di risonanza, evitando che effetti di transfert immaginario (o di controtransfert, come alcuni li chiamano) possano ostacolare la produzione del materiale inconscio e possano dunque interferire troppo con la cura.
E’ importante però che non si pensi che l’analisi di controllo sia una sorta di “sterilizzazione” dell’inconscio. L’analista opera anche e soprattutto a partire dai propri limiti, da ciò che eccede il suo calcolo e le sue previsioni. Tuttavia non è in una dilettantistica posizione “spontanea” che risiede il saper fare dell’analista, bensì in una capacità incessante e sempre rinnovata di interrogare il proprio limite, nella relazione con ciascun soggetto di cui si prende cura.

Statuto del Circolo Freud

TITOLO I. DISPOSIZIONI GENERALI

 

ARTICOLO 1. Costituzione

È costituita l’Associazione denominata “Circolo Freud”, di seguito semplicemente Associazione.

L’Associazione è apolitica, apartitica, senza scopo di lucro ed intende operare nel pieno rispetto delle pari opportunità tra uomini e donne.

L’Associazione fissa la propria sede in via Cattaneo, 76 a Brescia (BS).

L’Associazione ha durata illimitata; è disciplinata dal presente Statuto e agisce ai sensi e per gli effetti degli articoli 36 e seguenti del codice civile, della disciplina specialistica di settore e dei principi generali dell’ordinamento giuridico.

L’Associazione potrà istituire sedi secondarie in Italia o all’estero. L’organizzazione ed il funzionamento delle sedi secondarie, di seguito semplicemente sezioni, sarà disciplinato da apposito Regolamento.

 

ARTICOLO 2. Oggetto e scopo

L’Associazione persegue esclusivamente finalità di utilità sociale, nel settore della diffusione della cultura psicanalitica, proponendosi come luogo di incontro e di aggregazione nel nome di interessi culturali ed assolvendo alla funzione sociale di maturazione e crescita umana e civile, attraverso l'ideale dell'educazione permanente (formazione ed informazione).

L’Associazione in particolare e a solo titolo esemplificativo si prefigge di:

  1. favorire la trasmissione della psicanalisi e la formazione di psicanalisti;

  2. organizzare corsi di alta formazione in psicanalisi e altri programmi formativi tenendo conto delle particolari esigenze dei soci;

  3. tenere seminari di studio, corsi ed approfondimenti su tematiche di particolare interesse e rilevanza per tutta la società civile;

  4. creare gruppi di supervisione e discussione, all'interno dei quali gli psicanalisti e tutti i professionisti coinvolti in relazioni d'aiuto possano confrontare i presupposti della loro pratica;

  5. organizzare conferenze, convegni, interventi pubblici, presentazioni di libri, convivi, cineforum e progetti interculturali, anche in collaborazione con altre associazioni, volti a far conoscere le attività sociali e a promuovere la formazione analitica.

 

Per il raggiungimento delle proprie finalità, l’Associazione potrà effettuare:

  • servizi di attività psicanalitica rivolti a tutti, svolti nella sede sociale o in sedi periferiche

  • servizi di sostegno educativo e formativo, rivolti ad adolescenti, genitori ed insegnanti effettuati presso le scuole e varie strutture d'accoglienza, anche in collaborazione con Istituzioni pubbliche e del privato sociale

  • attività di consulenza e sostegno per le famiglie e le Istituzioni (scuole, aziende, ecc.)

  • interventi di formazione, interculturali, educativi, di riabilitazione e sviluppo delle funzioni soggettive e relazionali, rivolti all'individuo anche in condizione di handicap, temporaneo e permanente, o in condizioni svantaggiate, con particolare riguardo all'aspetto dello sviluppo soggettivo, all'inserimento ed all'integrazione nella comunità, attraverso interventi individuali

  • corsi di formazione professionali, di aggiornamento per educatori, animatori, insegnanti, genitori ed operatori sociali che sono impegnati nelle relazioni d'aiuto, finalizzati soprattutto alla formazione permanente, con specifiche nozioni di psicanalisi

  • iniziative di carattere editoriale (pubblicazione di un bollettino, pubblicazione di atti di convegni, di seminari, nonché degli studi e delle ricerche compiute), artistico, culturale, connesse con le proprie attività. L'associazione potrà anche aderire ad Enti, Cooperative, Consorzi ed altre Associazioni che propongono attività affini, complementari ed integrative alle attività in programma.

  • attività culturali: convegni, conferenze, dibattiti, seminari, proiezioni di films e documenti, concerti, spettacoli e manifestazioni

 

 

TITOLO II. ADERENTI

 

ARTICOLO 3. Ammissione

Sono soci dell’Associazione tutte le persone fisiche o giuridiche che ne condividono le finalità e s’impegnano per la realizzazione delle stesse.

  1. Chi intende aderire all’Associazione deve rivolgere espressa domanda al Consiglio Direttivo recante la dichiarazione di condividere le finalità che la stessa si propone e l’impegno ad approvarne e osservarne lo Statuto e gli eventuali Regolamenti.

Il Consiglio Direttivo è competente a deliberare in ordine alle domande di ammissione dei nuovi aderenti. Esso deve provvedervi entro il termine improrogabile di giorni sessanta dal ricevimento dell’istanza, decorso il quale la domanda si intende senz’altro accolta.

 

ARTICOLO 4. Adesione

L'associazione “Circolo Freud” è offerta a tutti coloro che, interessati alla realizzazione delle finalità istituzionali, ne condividono lo spirito e gli ideali e si struttura con due tipologie di aderenti:

  1. soci ordinari: persone o enti che si impegnano a pagare, per tutta la permanenza del vincolo associativo, la quota annuale stabilita dal Consiglio direttivo;

  2. soci onorari: persone, enti o istituzioni che abbiano contribuito in maniera determinante, con la loro opera od il loro sostegno ideale ovvero economico alla costituzione dell'associazione.

L’adesione all’Associazione è a tempo indeterminato e non può essere disposta per un periodo temporaneo, fatto salvo il diritto di recesso.

L’adesione all’Associazione comporta per l’associato maggiore di età il diritto di voto nell’assemblea per la nomina degli organi direttivi, per l’approvazione delle modifiche dello Statuto e del Regolamento e per l’approvazione dei bilanci.

Tra i soci vige una disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative intese ad assicurare la tutela dei diritti inviolabili della persona. È perciò espressamente esclusa ogni limitazione della partecipazione alla vita associativa; tutti i soci godono del diritto di elettorato attivo e passivo.

I soci prestano volontariamente e gratuitamente il proprio sostegno allo svolgimento delle attività sociali, ed esercitano la propria attività in cariche associative direttive in forma prevalentemente gratuita, salvo il solo rimborso delle spese sostenute per l’esclusivo espletamento delle funzioni istituzionali esercitate per conto dell’Associazione, come disciplinato da apposito Regolamento.

 

ARTICOLO 5. Perdita della qualità di socio

La qualità di socio si perde per decesso, recesso e per esclusione secondo le norme del presente Statuto.

Chiunque aderisca all’Associazione può in qualsiasi momento comunicare al Consiglio Direttivo la propria volontà di recedere dal novero dei partecipanti. Il recesso non comporta alcun onere per il socio.

Qualora il socio violi le norme statutarie, non ottemperi ai doveri che gli derivano dallo Statuto, dal Regolamento e dalle deliberazioni degli organi sociali, ovvero in presenza di altri gravi motivi può essere escluso con deliberazione del Consiglio Direttivo.

L’esclusione ha effetto dal trentesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento adeguatamente motivato.

Nel caso che l’escluso non condivida le ragioni che hanno determinato tale provvedimento, egli può adire il Collegio dei Probiviri, organo di garanzia interno all’Associazione, di cui al presente Statuto; in tal caso, l’efficacia della delibera di esclusione è sospesa fino alla pronuncia del Collegio stesso.

 

TITOLO III. ORGANI

 

ARTICOLO 6. Organi dell’Associazione

Sono organi dell’Associazione:

  1. l’Assemblea degli aderenti;

  2. il Consiglio Direttivo;

  3. il Collegio dei Probiviri;

  4. il Revisore dei conti;

 

ARTICOLO 7. Composizione dell’Assemblea

L’Assemblea è composta da tutti gli aderenti all’Associazione ed è l’organo sovrano della stessa. È presieduta dal Presidente del Consiglio Direttivo o, in sua assenza, da un socio nominato dall’Assemblea.

 

ARTICOLO 8. Convocazione

L’Assemblea si riunisce su convocazione del Presidente del Consiglio Direttivo almeno due volte all’anno: entro il mese di aprile per l’approvazione del bilancio consuntivo, ed entro il mese di dicembre per l’approvazione del bilancio preventivo dell’anno successivo.

L’Assemblea è convocata mediante avviso affisso nella sede sociale almeno dieci giorni prima della data stabilita per la riunione e con comunicazione scritta da inviarsi a tutti i soci iscritti nel Libro degli Aderenti, almeno dieci giorni prima della riunione.

L’avviso di convocazione deve contenere l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora della riunione sia di prima sia di seconda convocazione e l’ordine del giorno.

L’Assemblea deve pure essere convocata su domanda motivata e firmata da almeno un decimo dei soci.

L’Assemblea può riunirsi anche in un luogo diverso dalla sede sociale, purché in Italia.

 

ARTICOLO 9. Oggetto delle delibere assembleari

L’Assemblea:

  1. provvede alla elezione dei membri del Consiglio Direttivo, nonché del Presidente, del Vicepresidente e del Segretario del Consiglio stesso;

  2. provvede alla elezione del Collegio dei Probiviri;

  3. provvede alla elezione del Revisore dei Conti;

  4. delinea gli indirizzi generali dell’attività dell’Associazione;

  5. delibera sulle modifiche al presente Statuto;

  6. approva l’eventuale Regolamento che disciplina lo svolgimento dell’attività dell’Associazione;

  7. approva il Regolamento che disciplina il funzionamento e l’organizzazione delle Sezioni;

  8. delibera sull’eventuale destinazione di utili di gestione comunque denominati, nonché di fondi, riserve o capitale durante la vita dell’Associazione stessa, stante il divieto di ridistribuzione ai soci, qualora ciò sia consentito dalla legge e dal presente Statuto;

  9. delibera lo scioglimento e la liquidazione dell’Associazione e la devoluzione del suo patrimonio.

 

ARTICOLO 10. Validità dell’Assemblea

L’Assemblea è regolarmente costituita in prima convocazione con la presenza di metà più uno degli aderenti, in proprio o a mezzo delega scritta da conferirsi esclusivamente ad altri aderenti. Ogni aderente non può avere più di due deleghe. In seconda convocazione l’Assemblea è validamente costituita qualunque sia il numero degli aderenti presenti in proprio o per delega nei limiti sopra specificati.

 

ARTICOLO 11. Votazioni

L’Assemblea delibera a maggioranza dei voti dei presenti.

Hanno diritto di intervenire all’Assemblea e di votare tutti i soci regolarmente iscritti e in regola con il pagamento della quota associativa, ove prevista.

Ogni socio ha diritto ad un voto.

Non è ammesso il voto per corrispondenza.

L’Assemblea, costituita in prima convocazione con la presenza dei tre quarti degli associati e in seconda convocazione con la presenza di almeno la metà degli associati, approva le modifiche statutarie a maggioranza dei voti dei componenti presenti.

Delle riunioni dell’Assemblea sarà redatto, su apposito libro, il relativo verbale debitamente sottoscritto dal Presidente e dal Segretario.

 

ARTICOLO 12. Il Consiglio Direttivo

L’Associazione è amministrata da un Consiglio Direttivo composto da tre a sette membri eletti dall’Assemblea dei soci per la durata di quattro anni. I membri del Consiglio Direttivo sono rieleggibili.

Il Consiglio nomina nel proprio seno un Presidente, un Vicepresidente e un Segretario, ove a tali nomine non abbia provveduto l’Assemblea dei soci.

Le cariche sociali sono gratuite.

Il Consiglio si riunisce dietro convocazione del Presidente e quando ne sia fatta richiesta da almeno la metà dei suoi membri e comunque almeno due volte all’anno per deliberare in ordine al compimento degli atti fondamentali della vita associativa.

Per la validità delle deliberazioni occorre la presenza effettiva della maggioranza dei membri del Consiglio ed il voto favorevole della maggioranza dei presenti; in caso di parità prevale il voto di chi presiede.

Il Consiglio è presieduto dal Presidente, in sua assenza dal Vicepresidente, in assenza di entrambi dal più anziano di età dei presenti.

Delle riunioni del Consiglio è sempre redatto, su apposito libro, il relativo verbale che sarà sottoscritto dal Presidente e dal Segretario.

Il Consiglio Direttivo, con maggioranza dei 2/3 dei suoi membri, può, per gravi motivi, revocare il consigliere che si sia reso responsabile di atti lesivi dell’immagine dell’Associazione. In tal caso, la delibera del Consiglio Direttivo di revoca deve essere ratificata dall’Assemblea degli associati entro sessanta giorni dalla sua pronuncia. La revoca produce i suoi effetti dalla data della ratifica da parte dell’Assemblea.

Qualora il consigliere non condivida le ragioni che hanno determinato il provvedimento di revoca, egli può adire il Collegio dei Probiviri entro trenta giorni dalla ratifica dell’Assemblea; in tal caso l’efficacia della revoca è sospesa fino alla pronuncia del Collegio stesso.

In caso di recesso, decesso o revoca di un consigliere, il Consiglio provvede alla sua sostituzione alla prima riunione, chiedendone la convalida alla prima Assemblea annuale.

Il Consiglio è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria dell’Associazione, senza limitazioni. Esso procede pure alla compilazione dei bilanci ed alla loro presentazione all’Assemblea; compila eventuali Regolamenti per il funzionamento organizzativo dell’Associazione, la cui osservanza è obbligatoria per tutti gli associati dopo l’approvazione dell’Assemblea.

Il Consiglio Direttivo può istituire con propria delibera altri Comitati per l’approfondimento di determinate tematiche o a scopo consultivo, il cui funzionamento ed organizzazione sono disciplinati da apposito Regolamento approvato dal Consiglio Direttivo medesimo.

 

ARTICOLO 13. Il Presidente del Consiglio Direttivo

Il Presidente dura in carica quattro anni ed è rieleggibile.

Il Presidente del Consiglio Direttivo rappresenta legalmente l’Associazione nei confronti di terzi ed in giudizio; cura l’esecuzione dei deliberati dell’Assemblea e del Consiglio Direttivo.

Al Presidente compete l’espletamento degli atti di ordinaria amministrazione; in casi eccezionali di necessità ed urgenza egli può compiere atti di straordinaria amministrazione, che dovranno essere ratificati dal Consiglio Direttivo appena possibile.

Il Presidente convoca e presiede l’Assemblea ed il Consiglio Direttivo, sorveglia il buon andamento amministrativo dell’Associazione e verifica l’osservanza dello Statuto e del Regolamento.

Il Presidente sottoscrive il verbale dell’Assemblea e garantisce l’idonea pubblicità degli atti, dei registri e dei libri associativi per tutti i soci.

Il Presidente può delegare il compimento di singoli atti o funzioni del proprio ufficio ad altri consiglieri, previa delibera del Consiglio Direttivo.

Il Presidente cura la predisposizione dei bilanci preventivo e consuntivo, corredandoli di idonee relazioni.

L’Assemblea, con il voto favorevole dei 2/3 più uno degli aderenti, può revocare il Presidente.

 

ARTICOLO 14. Il Vicepresidente del Consiglio Direttivo

Il Vicepresidente sostituisce il Presidente in ogni sua attribuzione qualora questi sia impedito all’esercizio delle proprie funzioni. Il solo intervento del Vicepresidente costituisce prova dell’impedimento del Presidente.

 

ARTICOLO 15. Il Segretario del Consiglio Direttivo

Il Segretario svolge la funzione di verbalizzazione delle adunanze dell’Assemblea e del Consiglio Direttivo, sottoscrive i verbali e cura la custodia dei Libri sociali presso i locali dell’Associazione.

Egli coadiuva il Presidente e il Consiglio Direttivo nell’esplicazione delle attività esecutive che si rendano necessarie od opportune per il funzionamento dell’amministrazione dell’Associazione.

 

ARTICOLO 16. Il Collegio dei Probiviri

L’Assemblea provvede, contestualmente all’elezione del Consiglio Direttivo, alla nomina del Collegio dei Probiviri, organo di garanzia interno, composto da tre componenti dell’Associazione, con il compito di dirimere le controversie che dovessero sorgere tra i soci o tra alcuni di essi e l’Associazione.

I componenti del Collegio dei Probiviri durano in carica quattro anni.

L’incarico di componente del Collegio dei Probiviri è incompatibile con la carica di consigliere.

I Probiviri giudicano ex bono et aequo, senza formalità di procedura alcuna.

Delle riunioni e delle decisioni del Collegio dei Probiviri devono essere redatti i relativi verbali, trascritti su apposito libro e sottoscritti da tutti i membri del Collegio stesso.

 

ARTICOLO 17. Il Revisore dei Conti

Il Revisore dei Conti è eletto dall’Assemblea dei soci e dura in carica quattro anni ed è rieleggibile.

Il Revisore dei Conti controlla l’amministrazione dell’Associazione, accerta la regolare tenuta della contabilità e la corrispondenza del rendiconto economico-finanziario alle risultanze dei libri e delle scritture contabili. Può provvedere, ad effettuare ispezioni e controlli, e comunque potrà verificare almeno una volta all’anno la consistenza della cassa e della tesoreria, e redigere la relazione annuale di accompagnamento del consuntivo.

 

TITOLO IV. PATRIMONIO E BILANCIO

 

ARTICOLO 18. Risorse economiche

L’Associazione trae le proprie risorse da:

  1. quote e contributi degli associati;

  2. eredità, donazioni e legati;

  3. contributi dello Stato, delle Regioni, di Enti locali, di Enti o Istituzioni pubblici, anche finalizzati al sostegno di specifici e documentati programmi realizzati nell’ambito dei fini statutari;

  4. contributi dell’Unione Europea e di organismi internazionali;

  5. entrate derivanti da prestazioni di servizi convenzionati;

  6. proventi delle cessioni di beni e servizi agli associati e a terzi, anche attraverso lo svolgimento di attività economiche di natura commerciale, artigianale o agricola, svolte in maniera ausiliaria e sussidiaria e comunque finalizzate al raggiungimento degli obiettivi istituzionali;

  7. erogazioni liberali degli associati e di terzi;

  8. entrate derivanti da iniziative promozionali finalizzate al proprio finanziamento, quali feste e sottoscrizioni anche a premi;

  9. ogni altra entrata compatibile con le finalità sociali dell’Associazione.

Tutti i beni appartenenti all’Associazione sono elencati in apposito inventario, tenuto dal Segretario, depositato presso la sede dell’Associazione stessa e consultabile, su richiesta, dagli aderenti.

 

ARTICOLO 19. Contributi

I contributi degli aderenti sono costituiti dalla quota di iscrizione annuale, qualora prevista, e dalla quota associativa il cui importo è stabilito annualmente dall’Assemblea.

Il contributo associativo è intrasmissibile ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non è rivalutabile.

 

ARTICOLO 20. Bilancio

Gli esercizi dell’Associazione chiudono il 31 dicembre di ogni anno. Per ogni esercizio è predisposto un bilancio preventivo e un bilancio consuntivo.

Entro i primi tre mesi di ciascun anno il Consiglio Direttivo è convocato per la predisposizione del bilancio consuntivo dell’esercizio precedente da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea.

Durante gli ultimi tre mesi di ciascun anno, il Consiglio Direttivo, è convocato per la predisposizione del bilancio preventivo dell’esercizio successivo, da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea.

I bilanci debbono restare depositati presso la sede dell’Associazione nei quindici giorni che precedono l’Assemblea convocata per la loro approvazione, a disposizione di tutti coloro che abbiano motivato interesse alla loro lettura. La richiesta di copie è soddisfatta dall’Associazione a spese del richiedente.

 

ARTICOLO 21. Avanzi di gestione

All’Associazione è vietato distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione comunque denominati, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’Associazione stessa, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge.

L’Associazione ha l’obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse.

 

TITOLO V. DISPOSIZIONI FINALI

 

ARTICOLO 22. Scioglimento

Lo scioglimento dell’Associazione è deliberato a maggioranza dei tre quarti degli aderenti all’Associazione sia in prima sia in seconda convocazione.

Il patrimonio sociale non può essere ridistribuito tra i soci e, in caso di scioglimento per qualunque causa, il patrimonio che residua deve essere devoluto ad altra associazione con analoghe finalità di pubblica utilità, sentito l’Organismo di Controllo del Terzo Settore, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

 

ARTICOLO 23. Legge applicabile

Per quanto non previsto dal presente Statuto, si rinvia alla disciplina, in materia di Enti, contenuta nel Libro I del Codice Civile e, in subordine, alla normativa specialistica di settore.

Regolamento del Circolo Freud


Art. 1 - Modalità formative

L'Associazione “Circolo Freud” opera essenzialmente con due modalità formative: l'insegnamento pubblico ed il lavoro individuale.

 

Art. 2 - Gli insegnamenti pubblici

 

a. Modalità d'insegnamento

L'insegnamento pubblico si effettua a più livelli, attraverso l'organizzazione di corsi e seminari, introduttivi o di ricerca più avanzata; rientra in questa prima modalità anche l'organizzazione di convegni, mostre, concerti, ed altre attività simili. Alcuni corsi o seminari che vertano su temi di particolare rilievo socioculturale potranno svolgersi secondo le modalità del volontariato e rivolgersi anche a non associati.

 

b. Gli insegnanti

Gli insegnanti dell'Associazione vengono scelti dal Consiglio Direttivo, eventualmente su suggerimento del Collegio dei Probiviri.

Ciascuno degli Insegnanti è responsabile del proprio insegnamento; tuttavia, al fine di favorire il raggiungimento degli scopi formativi dell'Associazione, egli dovrà tenere conto dei criteri generali d'insegnamento adottati in essa, accettando i suggerimenti del presidente e del Collegio dei Probiviri. Gli Insegnanti potranno anche non essere Associati dell'Associazione.

 

c. Attestati di frequenza

L'Associazione non rilascia nessun titolo che abbia valore di abilitazione allo svolgimento di nessuna attività. Potrà tuttavia rilasciare degli attestati di frequenza a quanti avranno seguito i suoi insegnamenti e le sue iniziative.

 

Art. 3 - I lavori individuali

 

a. I programmi di lavoro

Il nucleo del lavoro nell'Associazione è costituito dal lavoro individuale, che fa parte perciò dell'impegno di ciascun Associato. L'iscrizione come Associato non comporta l'adesione a nessuna teoria prestabilita, ma l'impegno a fare d'un singolo lavoro - nella teoria o nella pratica educative, culturali, artistiche, analitiche o sociali - una strada per l'individuazione d'un proprio singolare compito etico e formativo. A tale scopo, gli Associati s'impegnano a presentare i risultati del proprio lavoro, determinato nei termini esposti nello Statuto, nelle varie occasioni previste a questo scopo dall'Associazione (corsi, seminari, Gruppi di studio ecc.).

 

b. Gli interlocutori

Ciascun Associato potrà scegliere, per lo svolgimento del proprio lavoro, un Interlocutore. Questa decisione, pur non essendo obbligatoria, è fortemente auspicata. È compito degli Interlocutori non solo fornire agli Associati delle indicazioni tecniche o di competenza, ma soprattutto aiutarli a riconoscere qual è il punto individuante del loro programma.

 

c. Sospensioni concordate

Gli Associati potranno non assumere - temporaneamente e con scadenza determinata - specifici impegni di lavoro. Questa soluzione d'attesa può essere accettata, con l'accordo dell'Interlocutore, quando esigenze contingenti non consentano lo svolgimento di precise attività.

 

Art. 4 - I Gruppi

 

La formazione di Gruppi - organizzativi, di studio, analitici ecc. - rientra fra gli strumenti formativi dell'Associazione, e perciò possono liberamente costituirsi al suo interno.

 

Art. 5 - Gruppi organizzativi

 

I Gruppi organizzativi discutono le problematiche connesse con un campo d'intervento specifico dell'Associazione, e propongono al Consiglio Direttivo l'organizzazione di concrete attività - formative, analitiche o culturali -, relative ad esse, da inserire nei programmi annuali dell'Associazione. Essi segnaleranno la propria costituzione, attraverso il presidente, al Consiglio Direttivo, nel quale potranno essere rappresentati da un proprio componente, se il presidente e l'Assemblea degli Associati daranno parere favorevole. Essi affronteranno inoltre autonomamente, in accordo con il Consiglio Direttivo, tutti gli aspetti pratici ed organizzativi relativi allo svolgimento delle attività da loro proposte. I componenti dei Gruppi organizzativi devono essere Associati dell'Associazione.

 

Art. 6 - Gruppi di studio

 

I Gruppi di studio possono segnalarsi presso il Consiglio Direttivo. In tali casi verranno inseriti in un apposito elenco, pubblicato annualmente sul sito dell'Associazione e sull'apposito registro depositato presso la sede sociale. I Gruppi di studio renderanno conto del proprio lavoro o attraverso degli scritti - presentati all'assemblea dei soci-, oppure ancora con degli interventi nel corso degli insegnamenti pubblici dell'Associazione. Ciascun Gruppo di studio potrà designare un proprio Interlocutore, con le modalità segnalate in precedenza all'Art. 3.

 

Art. 7 - Sedi e attività

 

Pur avendo il Circolo Freud una sede istituzionale, è prevista la possibilità che esso abbia anche delle sedi ove le attività dei Gruppi di studio e le connesse attività di insegnamento pubblico potranno avere una continuità di lavoro.

In questo senso, nel rispetto dello Statuto e del Regolamento circa le comunicazioni ai Gruppi organizzativi (vedi Reg. art. 5), è fatto carico, a coloro che ne assumeranno l’impegno, di esercitare la piena rappresentanza dell’Associazione in ogni opportunità pubblica e istituzionale. Coloro che assumeranno questo/i impegno/i di lavoro ne risulteranno quindi interamente i responsabili in senso attivo e passivo.

 

Art. 8 - Il Consiglio Direttivo

 

Il Consiglio Direttivo è composto dal Presidente, da un Segretario e da un Tesoriere. Il presidente potrà avvalersi della collaborazione di un Associato, il quale potrà assistere alle riunioni del Consiglio Direttivo stesso. La sua composizione potrà essere modificata per decisione dell'Assemblea degli soci. Il Consiglio Direttivo stabilirà i programmi degli insegnamenti pubblici, tenendo eventualmente conto dei suggerimenti dei Gruppi organizzativi. Sceglierà e nominerà anche gli Insegnanti, approvando le proposte dei Gruppi organizzativi, quando gli insegnamenti rientrino nel loro campo.

 

Art. 9 - Il Consiglio dei Probiviri

 

I Probiviri sono designati dal Consiglio Direttivo e dall'Assemblea dei soci e resta in carica 4 (quattro) anni. È compito del Consiglio, oltre a quanto previsto dall'Art. 17 dello Statuto, di vegliare sull'andamento complessivo dell'attività dell'Associazione, soprattutto tenendo conto dei suoi principi etici e della loro impostazione.

 

Art. 10 - L'Assemblea degli Soci

 

L'Assemblea dei soci, oltre a quanto previsto dall'Art. 12 dello Statuto, dovrà discutere gli insegnamenti dell'anno trascorso ed approvare il programma di quelli previsti per l'anno successivo, valutando l'impostazione generale della formazione nell'Associazione.

 

Art. 11 - Doveri e diritti dei soci

 

Gli Associati potranno intervenire e votare nelle Assemblee ordinarie e straordinarie.

 

Art. 12 - Le attività editoriali

 

Il bollettino periodico dell'Associazione è denominato in riunione plenaria dell'Assemblea dei soci e avrà validità illimitata fino a che non ne venga espressamente richiesto mutamento. La sua redazione è curata da un apposito Gruppo organizzativo.

 

Art. 13 - Compatibilità delle cariche

 

Ciascun Associato, nel caso che ve ne sia necessità, potrà svolgere contemporaneamente più funzioni o ricoprire più incarichi.

 

Art. 14 – Specificità della formazione psicoanalitica

 

L'Associazione organizza l'insegnamento della psicoanalisi in sintonia con lo spirito generale della trasmissione della psicoanalisi laica. La formazione psicoanalitica, dunque, non vuole essere altro che una particolare modalità della formazione individuale. Tutti i partecipanti alle attività dell'Associazione sono tenuti a considerarsi in formazione, dato che nessuno è formatore, se non nella misura in cui è anch'egli in formazione. L'Associazione pertanto è animata da un principio d'uguaglianza di gradus: infatti, anche se il Gruppo organizzativo assegna - e perciò riconosce - delle funzioni specifiche, previa approvazione dei competenti organi dell'Associazione (vedi Art. 2/B del regolamento generale, come quella d'insegnante dei corsi, tutte le attività sono animate dal principio che la gerarchia non è istituzionalizzabile.

 

Art. 15 – Lo psicoanalista

 

L'Associazione non rilascia alcun titolo abilitante all'esercizio professionale.

L'Associazione, altresì, fa proprie le indicazioni formative fornite da Sigmund Freud nello scritto “Il problema dell'analisi condotta da non medici” (in Opere vol.X, Bollati Boringhieri, 1978, Torino) e tutto il lavoro svolto sino ad ora dalla ricerca riguardante il significato della trasmissione e dell'esercizio della psicoanalisi laica (si faccia riferimento anche al lavoro compiuto da “Spazio Zero, Movimento per un'analisi laica” e al Parere Pro Veritate del Prof. Dott. F. Galgano pubblicato in “Freud e la psicoanalisi laica”, Thelema Edizioni, Milano 2000).

L'Associazione si riferisce anche al lavoro elaborato da Jacques Lacan, in merito alla trasmissione della psicoanalisi, che non può avvenire secondo le modalità dell'insegnamento universitario (si veda “Proposta del 9 ottobre 1967 sullo psicoanalista della scuola”, J. Lacan).

 

Art. 16 – Elenco degli psicoanalisti

 

L'elenco degli psicoanalisti dell'Associazione è costituito dagli Associati che richiedano di farne parte; tale elenco verrà stilato dal Consiglio dei Probiviri e verrà aggiornato ogni qual volta sia necessario. I requisiti per l'inserimento nell'elenco sono i seguenti:

  • Dichiarare di svolgere la funzione di psicoanalista, in tutte le modalità che tale pratica assume nell'interrogazione delle differenti forme cliniche.

  • Dichiarare di aver portato a termine la propria analisi.

  • Impegnarsi nello svolgimento di almeno una delle attività elencate nell'Art.3 dello Statuto dell'Associazione “Circolo Freud”.

 

Art. 17 - Varie

 

Per tutto ciò che non è specificato nel presente Regolamento generale, rimandiamo allo Statuto.