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Petizione all'Ordine degli Psicologi

Petizione al Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi

e p.c. ai Consigli dell'Ordine degli Psicologi Regionali

 

Novembre 2011

 

Una nota sentenza della Corte di Cassazione, che ha per la prima volta assimilato la psicoanalisi alle psicoterapie regolamentate dalla legge 56 del 1989, ha suscitato – purtroppo - il plauso di molti psicologi. Questo effetto è forse giustificato dal fatto che non sempre è chiaro che fra l'attività di psicologo e molte altre relazioni d’aiuto – come la mediazione familiare, la psicopedagogia, l’educazione professionale e la psicoanalisi – esistono delle differenze, teoriche e pratiche, che nessuna sentenza potrà mai eliminare.

Su queste differenze sarebbe giusto che noi psicologi c’interrogassimo.

Solo un dibattito franco e sereno arricchirebbe tutti noi di nuove competenze e di nuove possibilità di confronto che invece vengono immediatamente negate da ogni forma di legalismo.

Il nostro Ordine invece ritiene che svolgano in modo abusivo la professione di psicologo o di psicoterapeuta quelle persone che esercitano un lavoro diverso, sulla base di tradizioni e competenze differenti e che a volte, come nel caso della psicoanalisi, risalgono a molti decenni prima della creazione di qualunque facoltà di psicologia.

Questo non favorisce affatto il rispetto delle competenze professionali. Qui non sono gli psicoanalisti che si propongono come psicologi, ma è l’Ordine degli Psicologi che tende ad invadere il terreno di altre professioni, che non sono affatto di sua competenza. E questo status non solo nuoce a quanti devono subire lunghi e costosi processi, che spesso sono del tutto ingiustificati, ma finisce per danneggiare tutti noi psicologi, perché diffonde una nostra immagine legalistica, che in nulla corrisponde sia a quel che abbiamo imparato nei nostri studi, sia ai dati di realtà anche minimi della nostra pratica quotidiana di lavoro.

Il suddetto atteggiamento dell'Ordine poco si accorda con la psicologia (psyché - logos), che per sua natura vuole il rispetto di tutte le differenze, il dialogo e la pazienza necessaria per trovare degli accordi equi per tutti.

Pensiamo invece che, per salvaguardare realmente l’interesse dei propri iscritti, l’Ordine degli Psicologi dovrebbe contribuire a chiarire le differenze strutturali tra le diverse attività professionali, e non a reprimere ed a trascinare in tribunale delle persone che non si sono mai attribuite un titolo di studio che non avevano. L’abuso su cui il nostro Ordine deve intervenire è infatti solo quello della professione di psicologo o di psicoterapeuta (legge 56/89 art.12, comma 2), e nient’altro che questo.

La politica repressiva che ultimamente sta caratterizzando anche il nostro Ordine professionale costituisce un grave danno prima di tutto per noi psicologi, dal momento che, quando si procede con la logica inquisitoria e punitiva, si è già al di fuori non solo dell’ambito della cura dell’anima (psyché), ma anche di qualsiasi cultura.

L’Ordine degli Psicologi dovrebbe essere un organismo di promozione del lavoro e della cultura psicologica, e dovrebbe custodire e difendere il vero spirito della psicologia, che riguarda sempre la libertà individuale di formarsi, e quindi di decidere e di agire.

Nell’epoca della globalizzazione e dell’informazione di massa, noi psicologi abbiamo bisogno in primo luogo di salvaguardare e promuovere la formazione soggettiva ed individuale. Non possiamo peraltro dimenticare che la legislazione dell’Unione Europea va nella direzione opposta alla chiusura delle professioni all’interno di posizioni corporative e lobbistiche, dal momento che ha già proposto, ed in molte nazioni realizzato, una liberalizzazione delle professioni.

La storia ci ha insegnato che nessun potere autoritario e/o repressivo è mai riuscito a risolvere alcun problema civile e sociale. Invece, ogni volta che si è provato ad esercitare in questo modo la propria autorità, questo ha prodotto solo imbarbarimento culturale e morte civile.

Non sarebbe meglio per tutti, per esempio, cercare di capire qual è la differenza fra le psicoterapie regolamentate dalla legge 56, la psicoanalisi e le altre professioni di aiuto, invece che plaudire ciecamente alla sentenza d’un organismo giudiziario, come se un giudice – sia pure della Corte di Cassazione – potesse risolvere per tutti un problema concettuale e teorico non ancora chiarito?

Noi vogliamo che l’Ordine degli Psicologi ci tuteli davvero, incentivando la nostra consapevolezza scientifica e sociale.

Vogliamo un Ordine degli Psicologi che promuova la cultura, invece di soffocarla.

Vogliamo un Ordine degli Psicologi che sappia cogliere le trasformazioni simboliche della nostra epoca, e le sappia tradurre in risorse effettive per tutti i suoi iscritti.

Solo questo produrrebbe un rilancio della nostra professione, perché darebbe testimonianza del fatto che siamo all’altezza del nostro compito professionale e sociale. Solo questo produrrebbe immediatamente degli effetti positivi anche nel campo del nostro lavoro.

Chi, infatti, si può fidare di uno psicologo che sta in una posizione difensiva, anziché propositiva e dialogica?

Chiediamo perciò all’Ordine degli Psicologi di aprire al proprio interno un dibattito franco e sereno su queste problematiche, e di limitarsi, a verificare solo gli abusi della professione di psicologo o psicoterapeuta.

Per fare questo, occorre prima di tutto individuare, in modo adulto, una vera definizione della nostra identità. E’ un difetto di identità che spinge gli Ordini su questa strada, ma l’identità potrebbe essere costruita e messa a fuoco solo nel dialogo, all'interno ed esterno dell'Ordine stesso, nel rispetto delle differenze e nella loro valorizzazione. Per produrre questo effetto si deve però anche accettare la possibilità del cambiamento, senza ridurre la politica professionale dei “confini” a mera persecuzione.

La ridondanza è una ricchezza e la sua soppressione – sia in politica che in biologia, che in genetica e in linguistica – porta alla malattia degli organismi e alla loro morte. La complessità non è confusione, mentre la legge 56/89, soprattutto per il modo discutibile in cui è stata applicata, non ha favorito la complessità ma la confusione, anche e soprattutto all'interno del nostro campo professionale. E’ questa confusione che produce disagio e forse spinge alla esternalizzazione del conflitto. Oggi esistono diverse centinaia di scuole di psicoterapia, e sotto questo significante, in un unico contenitore, ci sono modelli, ipotesi e trattamenti a volte radicalmente antitetici. Il risultato di questo è purtroppo lo schiacciamento, nell’immaginario sociale, della psicoterapia umanistica, della psicoanalisi, delle culture e delle pratiche della relazione, il loro appiattimento su un modello medico in senso deteriore, che privilegia una visione oggettivante della relazione di cura.

L’Ordine è custode e garante di una grande ricchezza e di una grande complessità, che potrebbe

essere meglio salvaguardata con la definizione dei processi e degli atti tipici, con l’accreditamento dei percorsi individuali e con l’incentivazione e la promozione della formazione continua.

Non vogliamo un Ordine che entra nel conflitto bensì un Ordine aperto all’Europa e al mondo, permeabile alla società civile, capace di dialogare e di valorizzare le culture e i percorsi. Un Ordine che faccia cultura e promozione e che sappia trasformare il conflitto intercategoriale ed intracategoriale in opportunità di crescita per tutti i professionisti della relazione.

 

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Per sottoscrivere la petizione inserisci i dati richiesti di seguito:

Sottoscrizione della Petizione all'Ordine degli Psicologi sulla questione della psicoanalisi


Puoi aderire alla petizione anche cliccando qui e scaricando la scheda di adesione; quindi manda i dati richiesti (nome, cognome, documento identita' numero, numero ordine della regione...) a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

La sede

L'indirizzo della sede è:
Via Cattaneo 76, Brescia

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